Banca del Piceno

Cosa fa il consiglio di amministrazione? Cosa fa il Gruppo Bancario che sta assistendo l’azienda nella realizzazione del nuovo modello organizzativo?

In data 8 marzo 2019, vi avevamo inviato una lettera in accompagnamento di un questionario fatto nel corso dell’assemblea sindacale del 20 febbraio, dal quale emergevano criticità in merito al clima aziendale e ad una situazione di stress che stava  vivendo il personale della Banca del Piceno.

Nella stessa lettera ci eravamo dichiarati disponibili ad un confronto “privo di posizioni precostituite e volto ad instaurare una fattiva collaborazione per la tutela del principale valore dell’azienda e cioè il personale nella sua totalità”.

Invito rimasto inascoltato.

Nel frattempo, nonostante la presenza dei “responsabili del personale” ante fusione, l’azienda ha assunto una figura altamente professionalizzata (gradiremmo visionare il c.v., per una valutazione oggettiva delle sue competenze, e la remunerazione percepita per verificare che sia in linea con il contenimento/taglio dei costi che l’azienda sta operando sul personale con l’ausilio dell’accordo ex art. 22 parte terza) con il preciso compito di preparare/guidare/assistere il personale nell’espletamento delle mansioni/ruoli previsti dal nuovo modello organizzativo (messo in atto al termine della procedura ex art. 22 parte prima chiusasi senza alcun accordo).

Compito che prevedeva la predisposizione di percorsi formativi personalizzati in base alle competenze/predisposizioni che ognuno avrebbe fatto emergere nel corso di interviste individuali (tra l’altro il direttore generale, circa un anno e mezzo fa, aveva già fatto una mappatura delle competenze).

Ciononostante, l’azienda continua a registrare casi di malore sul luogo di lavoro che richiedono l’intervento di personale medico, per i quali nulla sembra essere stato fatto malgrado la segnalazione da noi inoltrata.

Ci risultano inoltre, casi di personale colto da crisi di pianto. In tale contesto, c’è chi registra rapide progressioni di carriera e chi viene marginalizzato, cosa questa che spinge il personale a cercare soluzioni alternative. Tra queste registriamo il passaggio improvviso alla capogruppo (nonostante il ruolo svolto fino a quel momento non lo prevedesse) e le dimissioni.

Riguardo a quest’ultimo punto, l’azienda ha registrato nel giro di pochi mesi (una a fine aprile, una a inizio settembre e due il 30 settembre) le dimissioni di 4 nominativi di cui 3 con ruoli di particolare responsabilità.

Premesso che tutte e 4 le dimissioni volontarie sono riconducibili al clima aziendale che si respira in azienda e a posizioni personali non più sostenibili, nello specifico le ultime 2 sono avvenute a distanza di poche ore da una riunione del direttore generale con i responsabili delle principali funzioni commerciali.

Incontri in cui come riferito dai partecipanti si scade regolarmente nel turpiloquio e in cui ultimamente sembra sia stata pronunciata anche una bestemmia. Atteggiamento questo che instaura un clima di forte tensione nei confronti e tra i colleghi, che sfocia nelle reazioni sopra menzionate.

Tensione che genera incertezza recentemente alimentata anche dalla mancata stabilizzazione, nonostante le recenti dimissioni, di 2 precari al termine di un lungo periodo di lavoro, perché sembrerebbe che ICCREA abbia posto il veto su nuove assunzioni a tempo indeterminato. La stessa ICCREA che non sembrerebbe invece intervenire (come registriamo in diverse realtà analoghe) quando si assumono figure dirigenziali e/o quadri direttivi di alto livello. Peccato, tra l’altro, che mentre 2 ex-
colleghe (ormai) vanno a casa, l’azienda abbia già pianificato l’assunzione di 5 – 6 nuove figure a tempo determinato per un anno, per far fronte alla migrazione del sistema operativo.

Incontri in cui vengono esercitate pressioni che potrebbero tramutarsi anche nella vendita di prodotti in modo indistinto a tutta la clientela senza tenere conto dei risultati della MIFID. Non vorremmo che possano verificarsi casi in cui l’azienda possa essere chiamata a rispondere dell’operato dei dipendenti.

L’accordo sulle pressioni commerciali firmato dall’ABI con le oo.ss., a nostro avviso, non autorizza le aziende di credito cooperativo dal tenere comportamenti difformi.

Considerato qual è, e quale è stato, l’attaccamento del dipendente del credito cooperativo alla propria azienda e la correttezza con cui ha sempre cercato di operare nei confronti del proprio territorio, ci rimane difficile credere che dipendenti che si sono sempre distinti per la competenza e la professionalità con cui hanno svolto le proprie mansioni (grazie alle quali hanno assunto posizioni di rilievo nella propria azienda), possano di punto in bianco decidere di abbandonarla e gettare alle
ortiche il lavoro fin qui svolto.

Ancora più difficile ci rimane credere che il consiglio di amministrazione, sempre molto vicino al personale dipendente, non sia a conoscenza del forte malumore del personale e di quanto sta accadendo nella propria azienda.

Alla luce di ciò, con la presente vi segnaliamo di nuovo la questione affinchè domani non possiate dirci che non ne eravate a conoscenza. Eventuali oneri che ne dovessero derivare vi verranno respinti al mittente.

Non ci vogliamo trovare nella situazione di un noto detto popolare: “chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati”.