I tuoi diritti

 
Il 9 agosto del 2001 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva un decreto legislativo che modifica in modo sostanziale la disciplina che regola i rapporti di lavoro a termine, i cosiddetti contratti a tempo determinato, abrogando la legge 230 del 18 aprile 1962 che ne regolava la materia. Vediamo in dettaglio che cosa prevede la nuova normativa.

LE CAUSALI

È questo uno dei capitoli più significativi dove le differenze con il passato sono più marcate. In fatti la nuova disciplina prevede semplicemente la possibilità di apporre “un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. Tali ragioni trovano conferma nell’atto scritto dell’azienda nel quale sono specificate le causali e una copia di tale atto deve essere consegnata al lavoratore entro cinque giorni dall’inizio della prestazione lavorativa. La legge precedente al contrario prevedeva un iter assai più articolato prevedendo ad esempio una dettagliata gamma di causali per le quali (e solo per esse) le aziende potevano ricorrere alla prestazione lavorativa a termine.

LA DURATA

La caratteristica propria di questo tipo di contratto consiste nel fatto che la durata del rapporto di lavoro viene prestabilita e il termine deve essere indicato in un atto scritto, pena la nullità. Tuttavia la durata del contratto è libera così come i rinnovi (con le eccezioni che vedremo in seguito). Per i contratti inferiori ai 36 mesi è possibile, con il consenso del lavoratore, una sola proroga ma la durata complessiva comunque non potrà essere superiore ai tre anni. Tale proroga deve essere dettata da ragioni oggettive e si deve riferire alla medesima attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato.

LE ECCEZIONI

Dicevamo quindi che nell’ipotesi di rinnovo vi sono delle eccezioni relative al rispetto delle interruzioni del rapporto di lavoro tra un contratto e l’altro. In particolare “qualora il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi oppure entro un periodo di venti giorni nel caso di un contratto superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato”. Così come viene considerato a tempo determinato il medesimo contratto a termine se alla scadenza dello stesso il lavoratore continua nella sua prestazione per venti giorni nel caso di un contratto a termine fino a sei mesi, di trenta giorni di un contratto a termine di durata superiore ai sei mesi.

LIMITI QUANTITATIVI

Le percentuali massime di lavoratori che possono essere assunti con contratti a tempo determinato sono regolate dalle contrattazioni collettive di categoria e fissate quindi in percentuale rispetto al numero degli assunti a tempo determinato. Peraltro tale limite percentuale non sussiste per i contratti di durata inferiore ai sette mesi e per i contratti stipulati con lavoratori che abbiano più di 55 anni. Niente limiti, inoltre, anche per assunzioni di giovani, lavoratori stagionali nelle fasi di avvio di un’impresa e nel caso di sostituzione di lavoratore assente Infine i tetti eventualmente stabiliti dalla contrattazione collettiva potranno essere modificati in alcune area geografiche (definite “svantaggiate”) dalle medesime parti sociali mediante accordi specifici.

DIVIETI

Vi sono alcuni casi in cui è vietato assumere personale mediante l’utilizzo dei contratti a tempo determinato; si citano in particolare tre casi:

❑ per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
❑ in quelle aziende che nei sei mesi precedenti si è fatto ricorso ai licenziamenti collettivi in base alla legge 223, con l’eccezione di sostituzione di personale assente;
❑ in quelle aziende dove per le medesime mansioni sono in atto forme di cassa integrazione;
❑ in quelle aziende inadempienti nei confronti del decreto legislativo n. 626, in particolare l’omissione della valutazione dei rischi.

DIRITTI DEI LAVORATORI

I lavoratori a tempo determinato sono esattamente come i loro colleghi assunti a tempo indeterminato: hanno cioè diritto a ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e ogni altra prerogativa spettante al lavoratore a tempo pieno come previsto dalle contrattazione collettiva nazionale e dai rispettivi contratti integrativi aziendali. Chiudiamo ricordando che i lavoratori con contratto a tempo determinato ove lo stesso supera i nove mesi sono computabili nel calcolo dei dipendenti complessivi dell’azienda. Ciò appare non secondario oggi in materia di discussione di applicabilità dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.