I tuoi diritti

 
Le sanzioni disciplinari nel “credito”

Prima di offrire una schematica sintesi della prassi difensiva tipo, riteniamo opportuno partire dai riferimenti normativi specifici contenuti nei ccnl vigenti, i quali identificano provvedimenti disciplinari, applicabili in relazione alla gravità o recidività della mancanza o al grado della colpa, nella seguente tipologia:

1) rimprovero verbale;
2) rimprovero scritto;
3) sospensione dal servizio e dal trattamento economico per un periodo non superiore a 10 giorni;
4) licenziamento per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo);
5) licenziamento per una mancanza così grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (giusta causa).

Queste ultime due previsioni disciplinari sono state solo recentemente inserite nel contratto delle BCC rinnovato il 7 dicembre 2000, che si uniforma così pienamente a quello ABI (11 luglio 1999), salvo che per avere mantenuto l’elevazione del termine di difesa consentito ai lavoratori a dieci giorni, al posto dei cinque previsti dall’articolo 7 della Legge 300/70, alle cui disposizioni comunque esplicitamente si rinvia.

Entrambi i contratti collettivi precisano inoltre che quando sia richiesto dalla natura dell’infrazione o dalla necessità di accertamenti in conseguenza della medesima, l’azienda - in attesa di deliberare il definitivo provvedimento disciplinare può disporre l’allontanamento temporaneo del lavoratore dal servizio per il tempo strettamente necessario.

Al riguardo, il contratto delle BCC pone in chiaro il fatto che tale allontanamento comporta in ogni caso il diritto alla retribuzione. Lo stesso contratto precisa altresì che il rimprovero disciplinare va comunque distinto dall’ordinario richiamo verbale: esso deve essere comunicato con specificazione della relativa natura disciplinare.

Come contrastare i provvedimenti disciplinari

Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare se non ha prima formalmente contestato l’addebito al lavoratore e se non lo ha sentito a sua difesa.

Tale procedura deve essere sempre rispettata, sia quando si è in presenza di sanzioni disciplinari di carattere conservativo (quelle che vanno dal semplice rimprovero verbale sino alla sospensione per un massimo di dieci giorni), sia quando la sanzione ha carattere estintivo (ovvero si intende procedere al licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ai sensi degli artt. 2118 e 2119 del Codice Civile).

Il procedimento disciplinare è una sorta di miniprocesso. Esso deve essere quindi affrontato con il dovuto scrupolo, con gli strumenti giusti ed i migliori “avvocati”, vale a dire i quadri sindacali dei SAB.

Il datore deve ascoltare la difesa del lavoratore: questi può difendersi direttamente od anche avvalersi dell’assistenza di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o cui ha conferito mandato. Difatti la presenza del Sindacato, anche quando il lavoratore sia stato colpito da un semplice rimprovero verbale, può risultare essenziale per una efficace invalidazione della contestazione. Sarà poi la gravità del fatto addebitato a far optare per una possibile assistenza legale (ove possibile da parte di un esperto in materia sindacale e del lavoro).

In ogni caso è importante ricordare che la difesa scritta presentata dal lavoratore deve fornire circostanziate precisazioni in ordine alle contestazioni mosse: essa deve indicare i fatti nel dettaglio ed evitare l’inserimento di valutazioni personali. Si può inoltre richiedere di visionare la documentazione su cui si basano le contestazioni. A ulteriore garanzia, il lavoratore può chiedere di essere sentito oralmente sui fatti notificati, anche con l’assistenza di un rappresentante sindacale, che un percorso da conoscere costituisce già di per sè un utile deterrente per l’azienda. Il lavoratore ha dunque la possibilità di difendersi sia per iscritto (di norma entro 5 giorni, secondo lo Statuto dei lavoratori, ma anche - come nel caso delle BCC - entro 10 giorni) sia oralmente, chiedendo un incontro a cui può assistere il rappresentante sindacale.

Il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei 20 giorni successivi - anche per mezzo della associazione sindacale alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato - la costituzione, presso la locale Direzione Provinciale del Lavoro, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti, oltre che da un terzo membro scelto di comune accordo o, in caso di disaccordo, dallo stesso ufficio del lavoro. In tal caso il provvedimento sanzionatorio di cui si chiede la revoca o la conversione resta sospeso fino alla pronunzia del collegio.

Non solo: se il datore di lavoro non nomina a sua volta entro 10 giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro il suo rappresentante, la sanzione disciplinare perde ogni effetto e diviene inefficace.

Il lavoratore ha in ogni caso la facoltà di impugnare la sanzione anche davanti all’autorità giudiziaria. L’art. 7 dello Statuto non stabilisce alcun termine per l’esercizio di tale opzione, per la quale non si porrebbe dunque - secondo gli orientamenti giurisprudenziali - il limite temporale dei 20 giorni. La facoltà di ricorrere al pretore soggiace soltanto alla prescrizione ordinaria, cioè 10 anni, ai sensi dell’art. 2946 del Codice Civile.

Se è il datore di lavoro ad adire l’autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.

Il potere disciplinare riconosciuto al datore di lavoro decade automaticamente qualora egli non abbia assolto - secondo quanto sopra accennato - agli obblighi di pubblicità, mediante affissione, delle norme disciplinari relative alla sanzione e alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata nonché alle procedure di contestazione delle stesse (fatte salve le citate eccezioni rispetto a norme intuitive e/o comunemente condivise).

Non si applica l’aggravante della recidività (ripetizione dell’infrazione) nel caso di ulteriori infrazioni del lavoratore quando siano già trascorsi due anni dall’applicazione delle sanzioni disciplinari. Non si può tener conto delle circostanze di fatto non tempestivamente contestate e delle situazioni non inerenti la prestazione lavorativa rilevate dalle Guardie Giurate esternamente al luogo di lavoro. Si ribadisce che le contestazioni disciplinari devono essere immediate e tempestive, chiare e non generiche, individuandosi con specificità i fatti addebitati; analogamente dovrà essere rispettato dall’Azienda il principio di immutabilità della contestazione ed il divieto di intimare un nuovo provvedimento disciplinare per lo stesso fatto già contestato e sanzionato.

Inoltre, devono porre in primo piano il nesso di causalità, cioè la rilevanza dei fatti contestati rispetto all’inadempimento contrattuale. Questi principi sono stati ripetutamente affermati dalla giurisprudenza, proprio per consentire al lavoratore di esercitare al meglio il suo diritto alla difesa.


Irrogazione della sanzione

Laddove si tratti di sanzioni disciplinari più gravi del “rimprovero verbale”, prima di procedere all’applicazione della sanzione devono trascorrere 5 (cinque) giorni dalla contestazione dell’addebito; solo nel caso in cui il lavoratore abbia presentato le sue difese prima del compimento del 5° giorno l’azienda potrà irrogare la sanzione.

I 5 giorni in questione devono intendersi come giorni “liberi”, vale a dire senza computare il giorno della contestazione nè quello finale. In considerazione che il lavoratore ha pur sempre la possibilità di impugnare il provvedimento entro 20 giorni presso il Collegio di Conciliazione costituito c/o la Direzione Provinciale del Lavoro, l’azienda dovrebbe in questa fase limitarsi a comunicare il tipo di provvedimento che sarà adottato con la puntualizzazione che l’applicazione effettiva della sanzione sarà eseguita una volta decorsi i 20 giorni.


Il licenziamento disciplinare

Il licenziamento è la massima sanzione disciplinare. È disciplinare il licenziamento intimato per l’asserita colpa del lavoratore, sia esso per giusta causa che per giustificato motivo soggettivo; la prova relativa circa la sussistenza dei motivi resta a carico dell’Azienda; il licenziamento va effettuato per iscritto e va assoggettato ai criteri e limiti garantistici che abbiamo visto sopra.

In particolare: se nella lettera non sono indicati i motivi il lavoratore può richiederli, così come può impugnare il licenziamento stesso nei sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione datoriale.

La violazione della procedura vizia il licenziamento rendendolo “ingiustificato” ed in conseguenza di tale vizio il datore di lavoro potrà essere obbligato a riassumere o risarcire l’interessato ai sensi della normativa applicabile. Giustifica il licenziamento anche la presenza di precedenti disciplinari risalenti a due anni prima il recesso.


Impugnare il licenziamento

Per non perdere i propri diritti è consigliabile impugnare il licenziamento, una volta ricevuta la lettera di licenziamento (ricordiamo che il licenziamento non comunicato per iscritto è inefficace. La comunicazione scritta va inviata per raccomandata A.R. nei 60 giorni dal ricevimento della lettera di licenziamento. Consigliamo vivamente di conservare copia oltre alla ricevuta postale e cartolina di ritorno.


La sospensione

Si tratta di un provvedimento eventuale a carattere cautelare ed istruttorio col quale il datore di lavoro, previa contestazione degli addebiti esonera dal lavoro il dipendente e lo esclude dall’accesso in azienda continuando a corrispondergli la retribuzione.


Cosa fare

• rivolgersi immediatamente al proprio sindacato oppure al proprio avvocato;
• predisporre un pro-memoria dei fatti oggetto di contestazione, circostanziato e dettagliato con precisione, al fine di facilitare il compito di chi provvederà a redigere la lettera di controdeduzioni;
• diffidare della propria memoria: occorre mettere per iscritto ogni cosa, infatti, a distanza ditempo ed in circostanze di stress dovute all’emozione è facile dimenticarsi particolari e circostanze utili alla difesa;
• procurarsi (laddove possibile) copie di documenti, testimonianze e tutto ciò che possa risultare utile alla difesa;
• inviare la lettera di controdeduzioni all’azienda entro i termini stabiliti per raccomandata a.r. (in subordine si può consegnare una “raccomandata a mano”, apponendo questa dicitura sulla lettera e facendosi rilasciare ricevuta della consegna, con data e firma dell’incaricato aziendale, su una fotocopia della stessa lettera di controdeduzioni;
• conservare copia della lettera di controdeduzioni e copia della lettera di controdeduzioni, insieme con ricevuta della raccomandata e della cartolina di ritorno (o copia firmata per ricevuta).


Cosa non fare

• pensare di cavarsela da soli (talvolta su consiglio della stessa azienda...);
• non contattare il sindacato o chiamarlo quando è troppo tardi o, peggio, quando “la frittata è fatta”;
• firmare dichiarazioni o ammissioni di colpa o altri documenti proposti dall’azienda (spesso su “consiglio” dell’azienda o a seguito di minacce più o meno velate);
• rilasciare dichiarazioni spontanee o su pressioni dell’azienda che possono ritorcersi contro o fornire all’azienda nuove informazioni ed altro materiale di contestazione (spesso gli incaricati dell’azienda, con minacce o promesse di benevolenza, cercano di ottenere dagli stessi lavoratori quelle informazioni che non sono stati in grado di raccogliere direttamente o sulle quali non hanno certezze, dopodichè le usano contro lo stesso lavoratore o contro altri colleghi).


Conclusione

• rispettare sempre le norme di legge, le norme contrattuali ed i regolamenti interni;
• osservare gli obblighi di fedeltà e gli altri previsti dal rapporto di lavoro subordinato e dalla vostra mansione;
• ricordate che avete anche dei diritti e che potete farli valere, esercitandoli nei modi e nei tempi previsti;
• non lasciatevi né suggestionare, né intimorire dalle promesse o dalle minacce aziendali: la banca fa la sua parte, voi fate la vostra;
• fidatevi di chi sta dalla parte dei lavoratori ed ha esperienza di queste cose: il sindacato c’è per questo;
• se avete delle “tentazioni” o se pensate d’aver escogitato “il colpo perfetto”, ricordate che “prima o poi tutte le volpi finiscono in pellicceria”.